Lo fece uscire con una largas che piegò il toro sulle zampe, arrestandolo a mezza via in ginocchio verso tribune che sacramentarono con un rumore simile alle preghiere.Ora, il viso del matador pendeva un po’ a lato verso la spalla. Il corpo arcuato protendeva all’animale ogni possibile bersaglio.
Il matador mise la muleta sulla spada così vicino a me che udii la stoffa scivolare sulla lama e sospiri orgasmici di giovani donne vestite arancio, di pelle bianca.
Il gioco sinuoso del torero, difeso solo dal suo traje de luz, ipnotizza il toro quanto il pubblico: la comunione del rito si consuma con lo sguardo fisso sulla polvere che si macchierà di sangue….. Non è giusto usare il termine “matador”, egli non uccide per il gusto di farlo, ma solo dopo aver mostrato la sua fragile forza di velluto, raso e lustrini. Patrizia
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