Thailandia 2016. Ponte sul fiume Kwai e cascate di Erawan.

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Per andare da Bangkok a Kanchanaburi si può usare il treno e se decidete di fare questo spostamento nel fine settimana, che ovviamente sono i giorni più affollati, non avrete alcun problema a trovare partenze frequenti dalla stazione ferroviaria principale di Hualamphong, ma se, come abbiamo fatto noi, preferite andare nei giorni feriali, beh allora la cosa si complica. Si perché l’unico treno per Kanchanaburi parte dalla stazione secondaria di Thonburi che non è raggiungibile con i mezzi pubblici ed è quindi necessario prendere un taxi. Cosa più facile a dirsi che a farsi perché i tassisti non conoscono affatto questa stazione ferroviaria essendo poco utilizzata dai turisti e non parlano una parola di inglese quindi la comunicazione è impossibile. Dopo aver girato come trottole e aver capito a nostre spese che la fermata Thonburi della BTS non ha nulla a che vedere con la stazione dei treni, ci siamo fatti tradurre in thailandese le istruzioni per raggiungere la nostra destinazione, che pubblichiamo qui sotto affinché voi possiate usufruirne, e abbiamo preso un taxi molto presto al mattino per evitare il traffico infernale di Bangkok. In ogni caso l’unico treno parte alle 7.55 e torna alle 13.55.

Thonburi

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La cittadina di Kanchanaburi deve la sua fortuna al ponte sul fiume Kwai punto chiave della cosiddetta Ferrovia della morte così chiamata perché la sua costruzione fu completata con la perdita di numerosi prigionieri di guerra e di operai locali costretti al lavoro forzato sotto il controllo delle truppe giapponesi nel ‘42 per unire la Thailandia alla Birmania (Myanmar). Scavata a mani nude nella roccia, nel mezzo della giungla thailandese, la sua costruzione ha determinato la morte di circa 16.000 prigionieri militari tra britannici, olandesi, australiani, americani e neozelandesi più un numero imprecisato di civili. Una tragedia immane che meriterebbe una commemorazione rispettosa e dignitosa e invece… Se non fosse per il piccolo museo di Kanchanaburi che ripercorre la storia della sua tragica costruzione e il cimitero di guerra lì di fronte, quello che rimane di questa triste storia è una chiassosa e colorata meta turistica circondata da bancarelle di souvenir e baracchini che sfornano cibo di strada tutto il giorno e tutta la notte, musica di sottofondo e una marea di turisti che inspiegabilmente camminano avanti e indietro sulle rotaie del ponte. E neppure prendendo il treno che va verso Nam Tok la sensazione cambia perché orde di turisti salgono e scendono in preda ad una mania compulsiva fotografica soprattutto lungo i tratti più suggestivi quando a centinaia si sporgono dai finestrini per lo scatto del secolo salvo poi immortalare i magnifici e lussuosi resort che sono stati costruiti proprio a ridosso dei tratti di ferrovia che hanno causato più morti a causa della dura roccia a strapiombo. Una fiera di mostruosità turistiche prive di qualsiasi forma di rispetto… è un po’ come se ad Auschwitz avessero allestito bar, ristoranti, hotel e bancarelle di souvenir, ve lo potreste mai immaginare?
Già è inammissibile che la gente del posto abbia sfruttato economicamente e senza il minimo buon gusto luoghi di simile tragedia, ma i turisti sono davvero incredibili… Ci spiace ancora una volta, ma siamo costretti ad ammettere che ci siamo letteralmente indignati di fronte a tanta becera ignoranza diffusa.

L’unica consolazione a tutto questo ce l’ha regalata la natura, con alcuni magnifici tramonti sul fiume Kwai e con le cascate di Erawan, raggiungibili in poco più di una ora con un autobus da Kanchanaburi. Vogliamo annullare immagini distraenti come quelle dei turisti che si tuffano nelle cascate scivolando lungo le rocce lisce come fossero scivoli di un acquapark, e ricordare solo i meravigliosi scorci di queste cascate che con i suoi sette salti attraversano la giungla ricca di una vegetazione rigogliosa e affascinante.

Ancora una volta la natura ci aiuta a riconciliarci con il mondo, laddove gli esseri umani al contrario ci deludono e ci esasperano. Se non saremo capaci di tutelare le bellezze della natura, così come l’arte e l’archeologia, beh non rimarrà poi molto da vedere in un prossimo futuro per chi anela ancora, come noi, a viaggiare. E noi continuiamo a sperare.