Napoli sopra e sotto

vicolo

Vicolo d’arte

Qualsiasi aspettativa voi abbiate su Napoli, beh… abbandonatela. Perché nel bene e nel male Napoli vi sorprenderà e non corrisponderà ad alcuna immagine vi siate costruita nel vostro immaginario. Napoli è difatti, come si sente dire ovunque, la città dei contrasti. Da una parte caos, traffico, rumore, dall’altra calore umano, vicoli pieni di vita, cibo, fantastico. Da una parte delinquenza, disservizi, disordine, dall’altra giovani intraprendenti, bellezze architettoniche, capolavori d’arte. Un mix senza eguali che non vi lascerà indifferenti.

Arrivare a Napoli in auto non è complicato, a dispetto delle catastrofiche previsioni prospettate, così come non è difficile trovare un comodo e conveniente parcheggio pubblico proprio all’ingresso della città. Un po’ più laborioso è invece spostarsi verso il centro, visto che è assolutamente da escludere immergersi nel traffico con il proprio mezzo, pericolosissimo per la totale mancanza di rispetto delle norme di circolazione, e non è un eufemismo. Per la verità i mezzi ci sono, ma passano ad orari “elastici” per così dire e con forti ritardi, e le fermate sono a volte un tantino creative e difficili da identificare. Tuttavia questa è una città dove bisogna andare con lo spirito giusto, cioè tanta pazienza e tantissima voglia di comunicare, chiedere, chiacchierare. Si perché i napoletani sono straordinariamente disponibili e gentili, calorosi e desiderosi di aiutarti ad orientarti nella loro amatissima città. Così il benzinaio, sorridente e con tanta ironia, ti accompagna alla terza palma dopo la transenna del cantiere spiegandoti che quella è la fermata dell’autobus. L’autista dell’autobus, poi, ti fa da Cicerone mostrandoti tutte le borsette lasciate a terra ai semafori dopo gli scippi (e si raccomanda di tenere la tua bella stretta), spiegandoti e illustrandoti tutte le infrazioni stradali commesse in tempo reale (santi uomini… davvero santi uomini e abilissimi autisti), e contemporaneamente ti indica cosa andare a visitare indicandoti dove scendere e dove prendere l’autobus per tornare indietro, cosa nient’affatto scontata.

Il centro storico è magnifico con i suoi mille vicoli stretti e ricchi di sonora vitalità. Camminare, camminare, camminare. Questo è l’unico modo per vivere il centro di Napoli, fermandosi di tanto in tanto per una pausa caffè con babà, e magari, per pranzo, gustando una pizza fatta lievitare nelle camere di tufo giallo secondo una antica tradizione di epoca romana, una tecnica nuova ed antica allo stesso tempo che sfrutta le proprietà geotermiche della pietra in cui Napoli è stata scavata.
Dalle strette vie popolari ai viali dalle nobili architetture, ogni angolo regala qualcosa da ricordare. Ci sono luoghi dove è obbligatorio entrare come la Cappella di San Severo. Qui il Cristo velato, la Pudicizia e il Disinganno sono tre tra le più belle opere d’arte che abbiamo mai visto al mondo, ma vale la pena fermarsi ad osservare con attenzione anche le altre meraviglie di questo museo straordinario, come le macchine anatomiche, e ad approfondire  il genio e la creatività del committente di questa cappella, Raimondo di Sangro, settimo principe di San Severo, l’ideatore di tutto l’apparato artistico di questo luogo nonché creatore di tecniche di decorazione ancora oggi difficili da replicare.
Esiste poi una Napoli invisibile, nascosta, ma che deve essere vista perché racconta storie incredibili, amare e al contempo affascinanti. Napoli sotterranea è un viaggio nella storia a quaranta metri di profondità attraverso cunicoli e cisterne, i resti dell’antico  acquedotto greco-romano e dei rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale. La visita, organizzata da una Associazione omonima senza scopo di lucro (di iniziativa privata, ndr) ma interamente finalizzata a valorizzare il sottosuolo della città, è un’esperienza indimenticabile ben raccontata grazie a giovanissimi accompagnatori bravi e preparati.

Napoli rimane nel cuore, nonostante tutto. Grazie ai suoi mille volti sopra e sotto, la città ha un suo fascino indiscutibile che potrebbe con una sana e onesta gestione diventare una meraviglia invidiata in tutto il mondo.
E torniamo sempre qui a cantare la stessa serenata italiana…

Napule è nu sole amaro, Napule è addore e mare
Napule è na carta sporca e nisciuno se ne importa
E ognuno aspetta a ‘ciorta…

 

 

Consigli pratici/ Useful information:

Per visitare Napoli sotterranea /Visiting Naples Underground  Napoli sotterranea

 

 

 

Sarajevo, meeting of cultures.

meetingofcultures

Convivenza, integrazione, tolleranza, rispetto, multiculturalismo, libertà di culto… definizioni quanto mai attuali. Sarajevo per molti, moltissimi anni è stata un esempio in tal senso, un faro, un punto di riferimento, la dimostrazione concreta che tutto ciò è possibile, che etnie diverse con tradizioni diverse e culti religiosi differenti possono non solo convivere pacificamente, ma integrarsi a tal punto da mantenere la propria diversità nell’unità. Serbi, croati, bosniaci e molte altre etnie insieme, matrimoni misti, moschee di fianco a chiese cattolico-ortodosse di fronte a sinagoghe. Un esempio nel mondo, un faro, un punto di riferimento… per molti, moltissimi anni.

Poi, un giorno, in questa realtà paradisiaca succede qualcosa e l’inferno prende il sopravvento. Improvvisamente mogli e mariti tornano ad essere serbi e bosniaci, i vicini di casa diventano musulmani e cattolici, i colleghi di lavoro croati ed ebrei. Ciò che fino al giorno prima era unito all’improvviso torna ad essere separato, l’uguaglianza lascia il posto alla diversità, il rispetto viene sopraffatto dall’odio. Un odio feroce, profondo… talmente profondo da rivelare una agghiacciante verità: quella convivenza, quella integrazione erano false, finte, apparenti… dietro, sotto, nell’intimo covava l’odio, il rancore, il disprezzo. La guerra nei Balcani del 1992 ha sorpreso tutti, sia fuori che dentro l’ex Jugoslavia. Nessuno poteva credere che davvero stava succedendo qualcosa di terribile, l’inizio di una guerra civile che supera ogni limite umano e che sfocia in sterminio, in pulizia etnica. Le brutalità commesse durante gli anni della guerra, e in quei 1427 giorni di assedio a Sarajevo, sono inenarrabili e descrivono una natura umana odiosa, abietta, falsa e rancorosa.
L’intervento delle forze internazionali pongono fine alla guerra, ma solo grazie ad un accordo che sancisce e definisce la separazione. Bosniaci da una parte e serbi dall’altra, musulmani di qua e cattolici ortodossi di là. Hanno dovuto separarli per farli vivere pacificamente, sebbene la pace non sia mai stata siglata, mai una firma fu apposta a dichiarare pace fatta.
Oggi Sarajevo si mostra come una città turistica, con un piccolo centro ricco di negozi di souvenir e tanti tour organizzati per visitare i luoghi della guerra. Ci sono ancora moschee, chiese ortodosse e sinagoghe che con la loro compresenza ad ogni angolo di strada sembrano raccontare ai visitatori una storia con un lieto fine dove la diversità ha ritrovato il significato di parole come integrazione e convivenza.
Tuttavia se si osserva con maggiore attenzione, se si è disposti a guardare oltre l’apparenza, se ci si concede del tempo, si colgono segni evidenti e preoccupanti di tensioni mai sopite e pronte ad esplodere di nuovo con ferocia.
Se si alza lo sguardo oltre i negozi di souvenir, se si cammina al di fuori del centro turistico, gli edifici mostrano ancora i segni della guerra. Dopo vent’anni i fori dei proiettili, delle bombe, sono ancora lì a ricordare che non c’è integrazione possibile, che la convivenza tra etnie diverse, tra religioni diverse, forse è un’utopia.

Da una strada all’altra, da un lato all’altro, da un marciapiede a quello dopo, i confini fisici tra Bosnia e Serbia segnano le differenze. I numeri civici sono di colore diverso, la lingua con cui sono scritti i nomi delle strade è diversa, i cartelli stradali non indicano destinazioni diverse a seconda che si proceda dalla Bosnia verso la Serbia o viceversa… tutto questo dentro la stessa città. I musulmani hanno le proprie scuole, i cattolici ne hanno altre, gli ebrei pretendono un riconoscimento, e intanto la tensione aumenta aumenta aumenta…

I musulmani non sposano più i cattolici, i serbi non sposano i croati, i bosniaci non frequentano le stesse località turistiche dei serbi, e intanto l’odio cova cova cova… fino a quando? Cosa succederà? Recentemente i Balcani fanno di nuovo paura, il nazionalismo è ancora un sentimento molto forte, e il pericolo è sempre più tangibile.
Sarajevo non è una meta turistica, è una esperienza di vita… visitare Sarajevo è educativo anche se non rassicurante. Ognuno può cogliere un insegnamento diverso, ma certamente pone un interrogativo: impegnarsi sempre di più per l’ integrazione tra i popoli oppure accettare l’idea che essa è irrealizzabile? Ai posteri l’ardua sentenza.

Consigli pratici:
Useful information
Dormire/Accomodation:Hotel President

Thailandia 2016. La cucina thai e il Capodanno cinese.

Mangiare a Bangkok, e più in generale in Thailandia, è un altro tema assai interessante. Qualsiasi guida turistica voi acquisterete vi racconterà che ovunque andiate potrete trovare cibi di strada invitanti con cui sfamarvi giorno e notte. Ebbene questo è vero, ma si tratta di una verità parziale perché l’offerta di cibo è pressoché infinita, ma molto dipende da quanto siete disposti a rischiare. Ad ogni angolo di strada, in ogni piazza, davanti a qualsiasi tempio o luogo di interesse turistico, a ridosso di ogni molo lungo il fiume, sui marciapiedi  e, naturalmente, in qualsiasi mercato voi andrete troverete bancarelle che espongono e vendono cibo di ogni genere. Tuttavia la carne e il pesce prima e dopo la cottura rimangono per ore sotto il sole e trattandosi di bancarelle senza acqua corrente e senza le minime norme igieniche necessarie è facile intuire che se deciderete di mangiare per strada lo farete a vostro rischio e pericolo. D’altro canto ci sono ristoranti ben nascosti che al contrario sono puliti e offrono una cucina thailandese curata… si, ben nascosti perché essendo la Thailandia ufficialmente la meta per chi vuole spendere pochissimo, i ristoranti dove si spende poco (decisamente poco rispetto ai nostri standard) hanno vita più difficile, ma sarete in grado di trovarli ugualmente affidandovi ai più noti portali web. La cucina thailandese è molto varia e ricca di carne, pesce e verdura, ma pecca di un eccesso di zucchero che rende tutti i piatti troppo dolci e sostanzialmente molto simili tra loro, sebbene probabilmente nelle zone di mare potrebbe essere più semplice trovare piatti cucinati in modo più semplice vista l’affluenza turistica. Tuttavia se siete amanti come noi di frutta, potreste felicemente sopravvivere anche solo con mango, ananas, cocco, papaia, anguria e molte altre straordinarie varianti di frutta esotica.

Non si può poi dimenticare che soprattutto a Bangkok gli appassionati di cucina cinese potranno trovare soddisfazione nell’immenso quartiere di Chinatown. In Thailandia più in generale la comunità cinese è molto numerosa e, da qualche anno, è aumentato notevolmente anche il numero di turisti cinesi che stanno letteralmente colonizzando le mete più ambite e più note creando non pochi problemi anche alle agenzie turistiche locali.  Non è un mistero, infatti, che i cinesi amano spostarsi in gruppi talmente numerosi da poter paragonare i lori movimenti ad un vero e proprio esodo di massa e questo comporta spesso l’impossibilità per i comuni mortali di trovare un posto libero o magari tranquillo quando la propria permanenza coincide casualmente con la loro. Tutto questo poi si aggrava enormemente quando si incappa nel Capodanno cinese. E indovinate chi ha deciso di andare in Thailandia proprio durante i festeggiamenti del nuovo anno della Scimmia? Non che l’avessimo previsto, s’intende, ma quando si dice che la sfortuna ci vede benissimo…

Ebbene si, noi arriviamo a Bangkok il 15 febbraio e il 18 inizia il capodanno cinese i cui festeggiamenti per tradizione durano quindici giorni durante i quali almeno un terzo della popolazione cinese benestante trascorre la proprie vacanze in Thailandia che in questo senso è un po’ come l’Emilia Romagna per i milanesi. Ciò si traduce in una quantità di cinesi inimmaginabile in giro per le strade, sui mezzi pubblici, in visita ai templi, in gruppi di cinquanta o cento con la maglietta a righe o con il cappellino arancione che si spostano in moto sincronizzato investendo tutto ciò che si frappone lungo il loro cammino… noi compresi. Insomma, detto francamente, un tipo di turismo letteralmente di massa che non amiamo molto. La nota positiva da un punto di vista folcloristico è stato visitare il quartiere di Chinatown durante i festeggiamenti di capodanno. Le strade sono addobbate con oggetti caratteristici e il colore prevalente è il rosso indossato anche dalle persone con intento propiziatorio.

La festa inizia il giorno della vigilia durante il quale si banchetta in famiglia e per strada e termina il quindicesimo giorno con la festa delle lanterne a cui purtroppo non abbiamo potuto assistere.  Il primo giorno del nuovo anno della scimmia, però, eravamo presenti quando si sono svolte le tradizionali danze del leone e del drago, affascinanti esibizioni di più artisti che indossano il costume da bestia e danzano accompagnati da strumenti a percussione. Un’esperienza coinvolgente che ci ha ripagati dello stress accumulato per l’eccesso di densità demografica di quei giorni.
Decidiamo di lasciare Bangkok e ci dirigiamo verso Kanchanaburi, le cascate di Erawan e la ferrovia della morte.
….. continua.

Guarda i nostri video cliccando qui:

Il Capodanno cinese 

La lavorazione del croccante

Thailandia 2016, andata e ritorno…anticipato.

Buddha_guardiano

Non è facile raccontare un viaggio finito troppo presto e male, ma è la vita e, a costo di essere banali, va tutto bene finché siamo ancora qui a poterne scrivere. Partiamo dalla fine e poi riprenderemo e descriveremo quel poco che siamo stati in grado di vedere.
Solo cinque giorni dopo essere partiti, nella piccola cittadina di Kanchanaburi a qualche decina di chilometri da Bangkok mentre stavamo rientrando in bicicletta in hotel dopo aver cenato in una suggeriva guest house sul fiume Kwai, uno di noi due è stato investito da un motorino ad altissima velocità e scaraventato a terra. Tanto, tantissimo spavento… un ferita alla testa che ha richiesto undici punti e molte contusioni diffuse. Per ovvie ragioni, dopo aver follemente contemplato anche la possibilità di continuare il nostro viaggio, abbiamo deciso di rientrare. Questa terribile esperienza, di cui francamente avremmo fatto volentieri a meno, ci ha però dato una serie di lezioni che terremo bene a mente d’ora in avanti ed è anche per questo motivo che a breve dedicheremo un post ad una serie di avvertenze e consigli pratici per chi decide di andare in Thailandia, qualcuno utile anche più in generale per chi viaggia al di fuori dell’Unione Europea. Se è vero che bisogna fare tesoro delle esperienze negative, vogliamo trarne un insegnamento da condividere con tutti voi senza addolcire la pillola, ma con la lucidità di chi ha potuto verificare sulla propria pelle un evento che si pensa sempre non accada mai. Quindi, per quanto possibile, è meglio partire preparati e soprattutto consapevoli di cosa ci aspetta in circostanze simili. Vi invitiamo perciò a leggere con attenzione i nostri prossimi articoli con la speranza di poter essere concretamente utili.
Per ora, però, rimaniamo in Thailandia e dopo avervi raccontato la fine, partiamo dall’inizio.

In molti si sono raccomandati con noi di descrivere quel poco che abbiamo visto il più oggettivamente possibile, senza cioè farci influenzare da quello che è successo dopo e noi promettiamo che saremo onesti fino in fondo, ma prima di ogni altra cosa saremo onesti con noi stessi… non abbiamo mai mentito su ciò che di un luogo non ci è piaciuto o non ci ha convinti, non siamo una guida turistica, ma viaggiatori che vivono di sensazioni, emozioni e impressioni che tentano di trasmettere al meglio delle proprie possibilità.
Dunque, Bangkok… come descriverla? Mettiamola così, se come noi amate l’ordine, il bello, la vita all’aria aperta, le lunghe camminate, passeggiare con il naso all’insù catturati dalle bellezze architettoniche, sedere al tramonto in un locale tranquillo lungo il fiume, beh… Bangkok non fa per voi. Appena si esce dalla metropolitana si viene letteralmente fagocitati da un rumore assordante di auto e mezzi che invadono le strade e il traffico è assurdo, surreale, incomprensibile. Per ammissione degli stessi tailandesi dopo le otto del mattino per fare un tragitto anche di poche centinaia di metri ci si impiegano non meno di tre ore. Tutto questo si traduce inoltre in un’aria irrespirabile a causa di uno smog talmente denso e fitto da far provare invidia verso chi, saggiamente, indossa una mascherina, e sono in tanti. Orientarsi  in questa città è un’ impresa da esploratori. Anche con una piantina in mano pensare di attraversare a piedi ampie aree di Bangkok è folle ed è matematicamente certo che prima o poi ci si perda. Sconsigliamo vivamente, poi, di chiedere informazioni ai tailandesi che proprio per le loro proverbiali, e reali, gentilezza ed educazione non vi diranno mai che non sanno di cosa stiate parlando o che non conoscono affatto il luogo di cui state chiedendo, dandovi così informazioni errate che peggioreranno ulteriormente la vostra situazione. Che fare dunque? Raggiungete direttamente i luoghi di interesse con i mezzi come la BTS, la metropolitana, i traghetti oppure prendete un taxi (evitate i tuk tuk che occupano tristemente il primo posto nella classifica degli incidenti stradali).  Gli edifici si alternano senza soluzione di continuità, grattacieli o baracche di legno non importa, tutto è ammassato l’uno sull’altro, l’uno attaccato all’altro, l’uno dentro l’altro. I marciapiedi sono occupati dalle infinite bancarelle che preparano cibo di strada perciò dimenticate di poterli usare, vi ritroverete a camminare pericolosamente lungo i bordi delle strade e le auto hanno la precedenza assoluta al punto che non rallentano affatto se tentate di attraversare, siete voi che dovrete correre… e fatelo in fretta. Decidere poi dove attraversare è spesso frutto di pura intuizione perché le strisce o i semafori pedonali sono rari e quindi consigliamo di seguire il flusso di pedoni tailandesi che a quanto pare hanno sviluppato un istinto di sopravvivenza notevole.
Individuate, dunque, i luoghi che intendete visitare e lasciate perdere le passeggiate romantiche. Quelli che possiamo consigliare sono più o meno le stesse mete proposte dalle guide turistiche come il Palazzo Reale e i vari templi della città come il Wat Pho e il Wat Phra Kaeo. Per meglio immergersi nello spirito religioso di questo paese suggeriamo di visitare i templi la domenica quando tutti i tailandesi sono impegnati nelle loro funzioni spirituali e in particolar modo dediti a fare offerte a Buddha.

Fiori di loto, bastoncini d’incenso, olio nei bracieri e minuscole foglie d’oro da applicare sulle statue del Buddha sono parte di un rituale meditativo molto suggestivo con cui si offrono doni in cambio di una settimana proficua e tranquilla. E queste offerte non vengono fatte solo nei templi, ma anche per strada soprattutto dai commercianti che allestiscono davanti al proprio negozio un piccolo tempio fai da te dove offrire fiori e cibo. Questo profondo senso religioso e meditativo si traduce in un atteggiamento da parte dei tailandesi molto pacato e gentile, disponibile e generoso che ai nostri occhi è apparso in netta contrapposizione con la vita sregolata, caotica e stressante di Bangkok, una contraddizione che è rimasta per noi inspiegabile.
Continua…

Vienna 2015. Eterna città imperiale

GiardiniNon esistono città belle o brutte, dipende da sottili reazioni emozionali, dal nascere o meno di affinità tra il gusto del viaggiatore e lo stile, l’atmosfera del luogo che si visita. Di questo ne siamo certi. Tuttavia ci sono rare eccezioni e una di queste, a parer nostro, è Vienna che indiscutibilmente, al di là di qualsiasi soggettivismo, è una città bellissima. Austera ed elegante, di una raffinatezza e stile ineguagliabili. Mentre si cammina tra le vie di questa città tutto il gusto, la finezza e la grazia dell’epoca imperiale sono ancora palpabili e non solo nella magnificenza degli edifici, ma anche nello stile di vita dei suoi abitanti che procedono nel tempo come se l’impero non fosse mai finito. I viennesi sono abili equilibristi che vivono tra passato e futuro in un presente che è perfetta sintesi tra i due.
Vienna è all’avanguardia per trasporti, comunicazioni, servizi, anzi è ben oltre ciò a cui siamo abituati perché qui tutto è sostenuto e tutelato da educazione e senso sociale, spontanea osservanza delle regole e correttezza reciproca, convivenza civile e rispetto del prossimo. Valori straordinari che si traducono in realtà incomprensibili ai nostri occhi come l’assenza di controlli sui mezzi di trasporto accessibili a chiunque, paganti o meno, nel rispetto del principio di  “servizio pubblico” disponibile anche ai meno abbienti e sostenuto economicamente dalla libera iniziativa degli utilizzatori che incredibilmente, nonostante questo, continuano a pagare il biglietto. Valori che si traducono in spazi verdi per oltre la metà della superficie della città tra parchi, giardini e boschi, che sono diventati luoghi di svago e di aggregazione sociale e che invitano e invogliano le persone a fare passeggiate, escursioni, camminate e gite in bicicletta. Vienna dispone di 280 parchi e giardini imperiali che abbelliscono il volto della città e che le hanno fatto meritare nel 2015 per la sesta volta consecutiva il primo posto nella classifica delle città più vivibili al mondo.

Valori che si traducono non in semplice acqua pubblica potabile, bensì in acqua fresca sorgiva che sgorga direttamente dai rubinetti di casa. L’oro bianco, come amano definirlo con orgoglio i viennesi, inizia il suo viaggio dalle sorgenti di alta montagna delle Alpi della Stiria e della Bassa Austria e arriva nella capitale austriaca solo trentasei ore dopo senza l’aiuto di pompe e prima di arrivare a Vienna alimenta anche la centrale idroelettrica. Un prezioso bene comune che viene reso disponibile, invogliando anche i turisti a farne uso a scapito dell’acqua minerale in bottiglia, che viene sconsigliata perfino in hotel, per mezzo di quasi mille fontanelle fisse alle quali si aggiungo alcune fontanelle mobili che vengono allacciate agli idranti nei luoghi più frequentati, in base alle necessità.
Vienna è una città attenta e vicina anche alle esigenze delle persone con disagi o handicap. Sebbene non ovunque, a Vienna è comunque possibile muoversi, alloggiare, visitare musei e partecipare a tour guidati senza barriere architettoniche e a questo scopo è stata creata una rete di informazioni e svariate applicazioni per fornire suggerimenti alle persone con esigenze particolari. Qui la parola d’ordine è “Più informazioni, meno frustrazioni.”
Dunque tecnologia e innovazione, vivibilità e sostenibilità. Vienna è una città moderna e tuttavia ogni edificio, ogni strada, ogni piazza è al contempo un pezzo di storia ancora viva. A cominciare dalla Innere Stadt, la “città interna”, il nucleo più antico della capitale, che occupa l’area un tempo corrispondente all’antica città romana, un intreccio di vie e piazze ornate dagli splendidi palazzi dell’aristocrazia austriaca, cuore storico e artistico della città. La Cattedrale di Santo Stefano, la piazza del Graben con al centro la Colonna della peste eretta nel 1963 come ringraziamento per la fine dell’epidemia, e  quella dell’Am Hof, “alla Corte” così detta perchè vi sorgeva la residenza dei duchi d’Austria, e ancora la piazza Hoher Markt con la splendida fontana dello Sposalizio e la Casa della Musica che non è un museo, ma un luogo con percorsi interattivi che introducono il visitatore alla storia della musica. Il centro storico di Vienna è talmente ricco di cose da vedere e da visitare che dover fare una scelta è un peccato imperdonabile.

Immediatamente adiacente alla Innere Stadt c’è l’immensa area dell’Hofburg, il palazzo imperiale degli Asburgo per più di sei secoli, un complesso di palazzi e cortili di cui alla fine comunque non si riesce ad avere una visione completa. Per visitare l’Hofburg come merita vi si dovrebbero dedicare almeno quattro giorni. Solo per vedere il tesoro e gli appartamenti imperiali, una visita obbligata vista l’unicità dei pezzi esposti, abbiamo avuto bisogno di una intera giornata, ma avremmo voluto vedere anche la scuola di equitazione spagnola con la sua magnifica selezione di bianchi cavalli di Lipizza che si esibiscono una volta a settimana in spettacoli di danza a tempo di musica barocca, il palazzo dell’Albertina con una delle più belle collezioni di arte grafica al mondo, la Biblioteca nazionale con i suoi settanta chilometri di scaffalature in legno e il salone a cupola affrescato che percorre tutto l’edificio e raccoglie quasi duecentomila volumi e molto, molto… molto altro ancora. Ma siamo stati colti di sorpresa, non ci aspettavamo tanta ricchezza d’arte perché per quanto se ne possa leggere, Vienna è molto di più. E non avevamo previsto neppure l’accattivante stile di vita viennese che invoglia a fermarsi, a prendere tempo, a rallentare…magari passeggiare in un parco e poi sostare in un caffè per una pausa con kaffee und kuchen e la sera, dopo aver cenato in una beisl, andare ad ascoltare un concerto di musica classica. Dedicare un pomeriggio ad indugiare davanti alle vetrine dei negozi che, lungi dall’essersi omologati alla moda occidentale, mostrano una interessante varietà di oggetti, dall’antiquariato alle più moderne tendenze, dall’abbigliamento in stile tradizionale ad accessori impreziositi dalla creatività di stilisti del posto, dalle gallerie d’arte alle botteghe quasi scomparse come il guantaio o il venditore di bastoni da passeggio, dai fioristi che vendono composizioni floreali meravigliose e uniche per la rarità dei fiori che le compongono alle preziose oreficerie che espongono le creazioni dei maestri orafi viennesi, spesso vere e proprie opere d’arte. Godersi una giornata di sole nei giardini del Castello di  Schönbrunn aperti al pubblico gratuitamente (cosa alquanto incredibile visto che si tratta di magnifici e maestosi giardini imperiali al pari di quelli di Versailles) o dedicare un giorno alle splendide piste ciclabili viennesi che attraversano tutta la città e portano fino al Danubio dove ampi spazi verdi attrezzati offrono piacevoli soste e in estate anche numerose occasioni di svago.

CarrozzaVienna è una città dove più vi si trascorre del tempo e più tempo vi si vorrebbe trascorrere. Un luogo che invita ad essere vissuto e non semplicemente visitato. Ed è per questo motivo che per noi è un viaggio lasciato in sospeso perché sentiamo il bisogno di tornare dedicandogli il tempo che merita, senza fretta, senza scadenze, godendo dei suoi ritmi e dei suoi spazi a misura d’uomo, del suo stile di vita raffinato ed elegante e delle sue mille offerte culturali e musicali.
Wien, Aufwiedersehen!

Praga 2015. C’era una volta…

Ponte CarloPrague 2015. Once upon a time…
Prague has been called in many ways: “The art erected in lifestyle”,”The Mother of Cities”, “City of a Hundred Spires” and “Golden City”. This is why Prague is a small concentration of architecture’s history due to its several houses and buildings from Art Nouveau to Baroque, Cubist, Gothic, neoclassical and contemporary style.
This story begins a long time ago and tells about a wonderful city along the Moldova River which is crossed by eleven bridges. Like other famous cities in the world, Prague was built on seven hills where enjoying extraordinary views.
The magnificent buildings and the amazing Gothic churches with tall towers up to sixty meters contributed to increase its unique charm in the world, a fairy-tale and romantic atmosphere that made Prague famous all over the world.
The Old Town (Stare Mesto) was developed around the Town Hall Square, crossroads of different cultures,  activities and  most important historical events. The magnificent Charles Bridge, between the old town and the small neighborhood Mala Strana with its old mills and baroque buildings, was perfect to admire the Moldova river banks.
The artistic and intellectual life together with its architectural features made Prague an imperative destination for interested travelers.
But tourists and big tour operators arrived and the story changed…
Today Prague is a noisy amusement park where tourists spend time in restaurants, bars, markets, thai massage centers, souvenir shops, original Czech taverns, or maybe not, Chinese mini markets, etc surrounded by flashing neon signs, advertising banners and large international advertising brands that covered entire buildings.
However, even in experiences not so positive like this, we try to take the best, traveling through the time and imagining how was this city in the past. And then the pictures here below are cleared away from tourists, signs and all disturbing elements, like watching through a filter space-time and this allows us to tell a different story.
So we start from the beginning.
Once upon a time a wonderful city on Moldova river …

Qualcuno l’ha definita “L’arte eretta a stile di vita”, ma storicamente ha meritato soprannomi ben più importanti come “La madre delle città”, “Città delle cento torri” e “Città d’oro”. Questo perché Praga è un piccolo concentrato di storia dell’arte o meglio di architettura con le sue decine di case e palazzi dall’art nouveau al barocco, cubismo, gotico, neoclassico e contemporaneo che si succedono uno dopo l’altro.
E necessariamente da qui deve iniziare qualsivoglia resoconto di viaggio a Praga, per renderle giustizia storica, per restituirle quella dignità culturale che col tempo, suo malgrado, sembra avere perso. Ma partiamo dall’inizio.

C’era una volta una città meravigliosa che sorgeva lungo il fiume Moldava attraversato da undici ponti e che, come altre famose nel mondo, si estendeva su sette colli da cui godere di panorami straordinari. Questo piccolo gioiello di architettura era noto per i suoi incantevoli edifici, magnifici esempi di arte dall’XI al XX secolo che hanno fatto da cornice ad una tradizione culturale e musicale che vanta nomi del calibro di Kafka e Mozart. Le sue imponenti chiese gotiche con torri alte fino a sessanta metri contribuivano ad accrescere questo fascino unico al mondo, questa atmosfera fiabesca e romantica che l’hanno resa famosa ovunque. La città vecchia (Staré Město) ruotava attorno alla piazza del Municipio, punto d’incrocio di culture diverse e centro per eccellenza di tutte le attività e dei più importanti eventi storici: commerci, feste, tornei, esecuzioni capitali e incoronazioni, tutto avveniva qui dove il tempo era scandito dall’orologio astronomico che al battere di ogni ora si animava con la processione dei dodici apostoli e di altre figure allegoriche. Da qui si imboccava il  Ponte Carlo, magnifico in pietra con due torri alle estremità e una splendida esposizione di statue che durante le serate invernali quando la nebbia calava sembravano animarsi, da cui ammirare i meandri del fiume e l’infilata di ponti che si susseguono. Al di là il piccolo quartiere Malá Strana con i suoi vecchi mulini e i suoi palazzi barocchi separati da minuscole viuzze e passaggi nascosti, l’isola di Kampa dove perdersi di sera quando l’atmosfera diventava quasi irreale, e poi su verso il Castello o sulla collina di Petrin da cui godere di una vista senza fiato su tutta la città.

Praga era avvolta da un fascino indiscutibile, anche la città nuova (Nové Město) del XIX secolo con i suoi viali impreziositi da maestosi edifici in stile Secessione e le piazze monumentali come quella Venceslao o ancora le case cubiste, unici esempi al mondo, o la superba chiesa neogotica di Santa Ludmilla che dominava la piazza della Pace ricca di edifici bellissimi.
Questa città era resa unica anche dalla vivacità culturale che spaziava dalla letteratura alla musica con straordinari esempi di creatività autoctona, ma non solo. Grazie alla sua fama, Praga attirava artisti e letterati da tutto il mondo, uomini di cultura che si intrattenevano interi pomeriggi nei caffè letterari immersi in lunghe e dotte discussioni, musicisti desiderosi di esibirsi nei teatri classici, artisti che volevano dare il proprio contributo creativo alla città magari con la realizzazione di edifici audaci come la casa cubista “Alla Vergine nera” o la più recente “Casa danzante” dedicata a Fred & Ginger. Questo pullulare di vita artistica e intellettuale, unitamente alle sue peculiarità architettoniche, rendeva Praga una meta obbligatoria per viaggiatori curiosi, impegnati e rispettosi.

Ma arrivarono i turisti e prima di loro le grandi catene alberghiere e della ristorazione e con se portarono tanti soldi, più soldi di quelli che mai avrebbero potuto anche solo immaginare i cittadini praghesi quando, dopo la caduta del regime sovietico e la rivoluzione di velluto del 1989, si aprirono le porte del capitalismo e del consumismo e finalmente, ahiloro, tutto cambiò. Si intenda questa non come una banale critica ad un sistema politico- economico o ad un altro, ma più come una sofferente manifestazione di incomprensione dell’incapacità degli esseri umani, e in questo caso più specificatamente degli amministratori, di progettare lo sviluppo di una città con maggiore buon senso e lungimiranza…di certo un problema non appannaggio esclusivo della capitale ceca.

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Matera e la sua dolente bellezza.

PanoramicaMatera and its aching beauty.
When Carlo Levi, confined in Lucania in 1953, visited Matera for the first time he was impressed by… “his aching beauty”. He found a population abandoned by the State, poor peasants who were still living in caves with no services. At the same time, in these places he got in touch with a different and unknown culture full of pride and dignity.
Today Matera is a wonderful site recognized by UNESCO, beautifully restored, destination for millions of visitors from around the world and designated European Capital of Culture for 2019.
Sassi of Matera (meaning “stones of Matera”) are a unique example in the world of rock settlement: hundreds of caves that over time have created a city completely carved into the rock. Here people have always lived in caves that they transformed and changed according to their needs, but with one common denominator: live according to what nature offer.
It’s very interesting to visit a Sasso inside, perhaps with a guide that explains in detail the functionality of the spaces, to understand how the man should be able to adapt perfectly some natural features to their needs, such as, for example, the gradients for the collection of rainwater.
Sassi were also sites of worship showing the people evolution from prehistoric phases to Christianity: in the Rock Churches are still well preserved beautiful wall paintings.
Visiting Matera means a time travel to the archaic past where everything is wrapped in a sense of inexorability of human evolution that fascinates and frightens.

Quando Carlo Levi confinato in Lucania visitò Matera per la prima volta ne rimase impressionato: “Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza”. Un luogo bello, dunque, ma che al contempo generava dolore, inquietudine, malessere.
Oggi Matera è uno splendido sito riconosciuto dall’Unesco, magnificamente recuperato, meta di milioni di visitatori da tutto il Mondo e designata Capitale europea della cultura per il 2019. Tuttavia per capire la Matera di oggi, per apprezzare fino in fondo il risultato del lavoro svolto dai lucani nel recupero e nel rilancio a livello mondiale di questa città, è necessario comprendere cosa vide Levi nel 1953. Egli trovò una popolazione abbandonata dallo Stato, poveri contadini che vivevano ancora in grotte senza alcun servizio, persone le cui condizioni di vita erano manifestazione palese dell’indifferenza politica e dell’ingiustizia sociale, un posto dimenticato dallo Stato dove neppure Cristo sembrava essere giunto, una denuncia che rese pubblica nel suo capolavoro “Cristo si è fermato a Eboli”. Eppure proprio in questi luoghi egli riesce ad entrare in contatto profondo e intimo con una civiltà diversa e sconosciuta, con un mondo antico e nascosto pieno di orgoglio e dignità. Quello che più sorprende di Matera, dunque, è il modo in cui i famosi Sassi, ovvero le grotte, siano passati dall’essere la vergogna nazionale, così la definì Togliatti, a diventare il primo sito Unesco del sud Italia. Negli anni ’50 l’Italia si accorse che a Matera nonostante il progresso si viveva ancora in grotta, ma dietro l’apparenza di questa terribile condizione si celava l’incredibile storia di una città unica, oltre che una serie incredibile di testimonianze storiche, artistiche e antropologiche. Si decise, dunque, che la gente del luogo lasciasse le proprie case, abbandonasse i Sassi, con tutti i problemi che ne derivarono per le persone che furono così sradicate dalle loro tradizioni e abitudini, e tuttavia proprio questo abbandono totale consentì ai Sassi di rimanere inalterati nel tempo fino a quando non giunse il riconoscimento dell’Unesco e iniziò quello straordinario severo recupero conservativo del patrimonio che è all’origine del successo di oggi. Un riscatto storico e generazionale per quanti furono costretti a lasciare la loro familiare dimora.

Oggi i Sassi di Matera sono un esempio unico al mondo di insediamento rupestre: centinaia di grotte sovrapposte le une sulle altre che hanno dato vita ad una città interamente ricavata nella roccia. Qui l’uomo, dagli albori della civiltà, è sempre vissuto in grotte che nelle varie epoche si sono trasformate e modificate man mano che mutavano le esigenze dei suoi abitanti, ma con un unico comun denominatore: vivere di ciò che la natura offre.
Arrivando a Matera la vista del canyon scavato dal torrente Gravina colpisce e affascina: profondo appare inaspettatamente dopo una curva e lascia stupiti. Il versante orientale di questo burrone, dove si estende il Parco della Murgia materana, mostra ancora oggi come dovevano apparire originariamente i Sassi cioè semplici grotte naturali scavate nella roccia, mentre il versante orientale, quello dove sorge la città, nella parte alta è caratterizzato da una serie di terrazzamenti, colline e pianori più adatti all’insediamento umano e che quindi nel corso dei millenni, aggiungendo a quelle naturali le grotte scavate dall’uomo, sono stati trasformati da villaggi rupestri in una vera e propria città.
Visitare l’interno di un Sasso, magari con una guida che spieghi in dettaglio le funzionalità degli spazi, fa comprendere come l’uomo sia capace di adattarsi perfettamente all’ambiente utilizzando a proprio favore alcune caratteristiche naturali del luogo come ad esempio la temperatura costante interna agli ambienti scavati, il materiale calcareo tipico del posto per la costruzione degli ambienti fuori terra e le pendenze per il controllo e la raccolta dell’acqua piovana. La maestria con cui nel corso dei secoli sono state realizzate, attraverso stratificazioni successive, le abitazioni, le corti, le chiese, le strade e i giardini, e più internamente, invisibile a prima vista, tutto il sistema di cisterne, neviere e cunicoli, è la manifestazione di una straordinaria cultura ormai persa, ma qui ancora visibile e tangibile. Per questo motivo nel 1993 l’Unesco nel dichiarare i Sassi di Matera Patrimonio Mondiale dell’Umanità utilizza per la prima volta la definizione di Paesaggio Culturale, perfetta sintesi concettuale che ben descrive la peculiarità di questo magnifico luogo.
I Sassi non erano solo destinati alle abitazioni, erano anche luoghi di culto e anche in questo senso sono testimonianza del passaggio evolutivo dell’uomo dalle fasi preistoriche al cristianesimo. Con l’avvento della religione cristiana i luoghi di culto delle civiltà antiche sono diventate Chiese Rupestri in alcune delle quali sono ancora ben conservati dipinti murali bellissimi come quelli di Santa Lucia alle Malve.

Anche il centro storico di Matera, che si sviluppa su un pianoro in posizione più rialzata rispetto ai Sassi, merita di essere visitato con le sue belle piazze e chiese lungo il viale settecentesco, tuttavia dopo la suggestiva visita ai Sassi, almeno questo è capitato a noi, si rimane così immersi emotivamente in quel paesaggio immobile e concreto da non voler proseguire oltre. Forse sarebbe preferibile prevedere la visita in senso inverso così da percorrere questo viaggio nel tempo dal presente al passato più arcaico dove tutto è avvolto da un senso di ineluttabilità, di inesorabilità dell’evoluzione umana, che affascina e spaventa, attrae e inquieta, un sentimento di romantica malinconia di fronte ad un paesaggio di così dolente bellezza.

Berlino – Parte 2. Una galleria d’arte sotto il cielo.

AnzianaBerlin is the best capital in Europe that has interpreted and given space to creativity and artistic avant-garde. So today walking the streets of Berlin also means attending a unique art exhibition open air. The East Side Gallery is the best representation of street art with its 106 murals created between 1990 and 2009 covering the remains of the Berlin Wall.
This idea of urban art has been lived by Berliners as a new cultural renaissance in a city that until 25 years ago seemed to fall into the darkest Middle Ages. Freedom of expression is celebrated here as a barricade to any form of repression.

Non esiste capitale in Europa che abbia interpretato e dato spazio alla creatività e alle avanguardie artistiche meglio di Berlino. Artisti e designer di tutto il mondo hanno scelto questa città per incontrarsi, confrontarsi e per esporre i propri lavori. Eppure, nonostante negli ultimi anni siano state aperte numerose nuove gallerie d’arte che sono andate ad aggiungersi a quelle storiche e celebri, è come se lo spazio non fosse comunque sufficiente e l’energia artistica che si è concentrata a Berlino straripi al di fuori dei suoi luoghi canonici e dedicati e si riversi nelle strade, sui muri. In realtà la street art qui è la naturale prosecuzione della diffusione dei murales che ebbe inizio nella Berlino Ovest alla fine degli anni 70 e che in seguito alla riunificazione prese possesso anche della ex Berlino Est e da allora la città divenne un enorme murales a disposizione della creatività degli artisti.
Ed è così che oggi passeggiare per le vie di Berlino significa anche assistere ad una straordinaria esposizione a cielo aperto di opere d’arte ammirando quelle di alcuni tra gli artisti più riconosciuti della street art contemporanea. Continua a leggere

Berlino – Parte prima. Dimenticate tutti i luoghi comuni.

DSCF3911Forget all the clichés.
In just over two decades with methodical and clear planning the two old cities, east Berlin and west Berlin, were united into new one and the result is a perfect balance between tradition and modernity.
Berlin looks to the future, does not hide the past and takes care of its historical and cultural heritage.

Dimenticate tutti i luoghi comuni sulla presunta freddezza e inospitalità tedesca e sull’austerità delle città in Germania. Berlino è una capitale all’avanguardia, con una velocità di trasformazione che supera ogni più florida immaginazione. Dopo solo 25 anni dalla caduta del muro, Berlino è la città più giovane e creativa d’Europa. Sempre rivolta al futuro, ma consapevole e rispettosa del passato. Oggi la riunificazione tra est e ovest ha raggiunto il suo completamento anche nell’ unificazione urbanistica e architettonica. Non è più possibile distinguere la Berlino della DDR dalla Berlino occidentale. Vent’anni fa a centinaia di architetti  di tutto il mondo è stato affidato il compito di ricucire gli strappi tra i due settori cittadini e tutta la società civile (associazioni di quartiere, collettivi, gruppi alternativi), è stata chiamata a partecipare alla progettazione di questo nuovo assetto urbanistico. E così in poco più di due decenni con metodica, lucida e lungimirante progettualità le due città si sono fuse l’una nell’altra e il risultato è una sintesi perfetta tra tradizione e modernità.
Parlamento
Il passato rivive nelle splendide architetture dell’ Unter den linden (il viale “sotto i tigli”) dei secoli XVIII e XIX che collega la Porta di Brandeburgo al Duomo e all’Isola dei Musei, una vera e propria isola sul fiume Spree dove si trovano quattro tra i più importanti musei della città, e nel quartiere di San Nicola che, raso al suolo completamente durante l’ultima guerra, è stato poi ricostruito pietra su pietra catapultando il visitatore in una dimensione perfetta, cinematografica, quasi irreale tanta è la perfezione.

La storia recente, anche quella scomoda, viene celebrata in musei dedicati come il Museo del Muro e quello della DDR, nell’East side gallery, una porzione di muro lasciato volutamente in piedi a perenne memoria, nel Memoriale dell’Olocausto dove 2177 lapidi a più livelli creano un labirintico e monumentale cimitero dove perdersi in un’astratta e surreale evocazione delle tormentate vicende dei perseguitati.

Il futuro è cercato e voluto, solo per fare un esempio, nelle strutture ultramoderne di vetro e acciaio dei grattacieli di Postdamer Platz dove svettano la cima del complesso Kollhoff in mattoni rossi e il magnifico tetto conico (evocazione del monte Fujiyama) del faraonico Sony Center il cui immenso forum ospita uffici, appartamenti, il Museo del cinema, ma anche alcuni elementi di un antico palazzo, in costante scommessa sull’integrazione tra antico e moderno.

Ogni quartiere, ogni strada, ogni dettaglio a Berlino non è lasciato al caso e ciò consente al visitatore di vivere in pieno la città a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici e di godere di tutto quello che Berlino può offrire: centinaia di opportunità culturali e le più diverse occasioni di svago.
Berlino volge lo sguardo al futuro senza nascondere il passato e garantendo la cura del proprio patrimonio storico e culturale.

Forse, dopotutto, almeno questa lezione noi italiani dovremmo impararla!

AlexanderPlatz_okConsigli pratici:
Useful information
Dormire/Accomodation: Leonardo Hotel Berlin Mitte In the center of Berlin, where Friedrichstraße meets the River Spree.
Mangiare/TavernsDie Berliner Republik Pub Restaurant  in Schiffbauerdamm.