People. Istantanee senza aggettivo.

Madrid_2009Se di una nazione paese città posto vicolo vuoi l’anima, cosa ti prendi?
Io – noi rubiamo volti corpi denti capelli ossa quale che sia il miscuglio, sempre l’uomo o donna dovremmo dire, o vecchio o infante. Togliendo tutto alla moda parigina di Simenon che scarnificando Maigret sulle pagine, dove una luce era una luce, un tavolo un tavolo, nella semplicità d’essere cose senza aggettivo lo riportava a semplice osservatore.
E questo vorremo fossero le immagini pubblicate… istantanee senza aggettivo, dove guardare più che giudicare, attendere più che cercare forzosamente una storia.

Madrid 2009…  ecco la prima. Poggiato a una transenna il giorno gli cadeva addosso inconsapevole del fatto che fosse un’estate appena accennata quella sulla pelle . Noi oltre il corteo vedemmo solo lui che a bocca spenta si fumò cinque minuti della sua vita.

Il Cuciniere. A proposito della Spagna

ImpastoCi sono cose che accomunano le cucine del Mediterraneo. Sono cucine mischiate, illegittime, cucine regionali frutto della relazione culturale tra fame, risorse e fantasia.
La cucina spagnola non esiste! – diceva Manuel Vasquez Montalban, indicando le autonomie gridate di un popolo che si sente di lingua uguale, ma di storia diversa. Qualche turista frettoloso direbbe che la cucina spagnola è paella, tortilla di patate, prosciutto serrano convinto d’avere assaggiato quantomeno l’idea platonica del cibo spagnolo, ma cibo e poesia in questa nazione vanno di pari passo e molti degli scrittori di cucina erano anche poeti e molti poeti sono stati influenti gastronomi creando così una sinergia unita ad una visione edonistica che ha portato nelle ricette e negli stessi gesti del cucinare quella cura e quella delicatezza propria del raccontatore.
Dal nord cantabrico con la semplicità galiziana, mai modificata dal cuoco, alla sofisticata basca con gli umidi di baccalà. Lungo le falde dei Pirenei con l’ esperimentazioni navarrine e aragonesi golose della caccia e delle dense minestre d’inverno. Cercando l’agrodolce medievale della Catalogna alla maniera di alcuni piatti toscani, fino a spingersi ad un barocco tanto carico da esaltarsi nelle composte di baccalà. E poi Valencia corretta da spezie di memoria araba aggiunte nel brodo di pesci di roccia che poi dimentichi nell’andaluso gazpacho estivo immaginoso di un popolo povero, con la menta ed il cumino ad aiutare il palato prima dell’agnello cotto in miele di rosmarino.
Soprendendovi andate, se potete, di regione in regione a girovagare sulle tavole, sulle strade, nei posti spersi non globalizzando il gusto, ma esperimentando le culture e dimenticandovi per un po’ della paella, della tortilla di patate e del prosciutto serrano.

Grecia. Micro Cicladi. Inseguendo un mondo perduto.

CicladiIl tempo passa e i posti inevitabilmente si trasformano. Spesso ci capita di pensare che se fossimo nati un paio di decenni prima avremmo visto luoghi intatti e genuini che oggi non esistono più e conosciuto gente ancora integra nelle proprie tradizioni e cultura. Spesso riflettiamo sulla natura contraddittoria del turismo di massa: da un lato il diritto sacrosanto per chiunque di viaggiare e trascorrere le proprie vacanza ovunque si voglia, dall’altro lo sciagurato risultato che tutto ciò ha generato, cioè l’omologazione totale. Per noi oggi viaggiare è diventata una sfida: riuscire a scovare nel mondo luoghi non completamente contaminati dall’imperialismo del turismo occidentale.
E quando questo accade è una sensazione meravigliosa.
Le isole greche possono regalare questa straordinaria esperienza a patto che si evitino quelle più rinomate e che si sia disposti a spostamenti più lunghi e faticosi. Se si accettano queste condizioni, e si sceglie il periodo giusto che mai coincide con i mesi di luglio e agosto, allora ci si aprirà alla incredibile avventura di un autentico viaggio nel tempo.
Le micro Cicladi per noi sono questo: un tuffo nel passato, l’abbandono totale ai bisogni primari, la riscoperta della simbiosi con la natura…ascoltare il silenzio, attraversare i vicoli del villaggio tra i molti anziani intenti in mestieri ormai scomparsi e i pochi bambini impegnati a inventare con niente i propri giochi, camminare per chilometri lungo sterrati deserti per giungere infine su spiagge solitarie e di una bellezza senza fiato, nuotare in acque così limpide che le barche sembrano sospese nell’aria. Qui si può dimenticare lo scorrere del tempo e lasciare che le proprie giornate vengano regolate solo dal sorgere e tramontare del sole. Al mattino la sveglia è data dalla luce che filtra attraverso le azzurre persiane e la sera il sonno è cullato dal suono del vento. Ogni giorno alla scoperta di una spiaggia diversa, di un angolo incontaminato e deserto dove crearsi un riparo sotto le tamerici e godere di un tempo senza tempo, mangiando chicchi di uva dolcissima e deliziose sfiziosità acquistate in panetteria, tra un tuffo nel vuoto del mare, la lettura di un libro desiderato e qualche pausa sonnecchiante stimolata dall’incedere ritmato delle onde.

Il Cuciniere. Scriverò della cucina…

Il_cuciniereScriverò della cucina con l’attenzione che un padre presta ad un figlio. Non per presunzione, ma solo perché per destino gran parte della mia esistenza è stata scandita dalla solidità del cibo. Cercherò, per quanto mi sarà possibile, di non dare ricette limitandomi a presentare un universo che si modifica ogni volta che, entrando in un ristorante, guardo un cuciniere alle prese con quello che in quel momento è l’istante dell’esistenza.Nel cibo ci sono il rispetto, l’amore, l’odio, la rassegnazione, la creatività, l’attesa, l’estetica, il tempo, l’immaginazione, il fascino di essere rinchiusi tra mura, fuochi, coltelli, sangue e sudore… eppure è un viaggio. Qualsiasi cosa io abbia toccato, tagliato, sminuzzato, cucinato nella mia vita è stato un cammino con regole precise e gerarchie mantenute in maniera rigidissima. E i miei cuochi che dopo quindici ore al giorno diventavano fratelli e figli in un’armata di brancaleoni dalle occhiaie spesse, dalle mani rovinate, dalle migliaia di sapori mischiati nella bocca onnivora e nelle urla.
Ho visto camminare il mondo nelle cucine con i suoi lineamenti, con i suoi idiomi, con le sue culture, con quella democrazia introvabile dove solo la bravura e il rispetto contano e tutto il resto nemmeno te lo ricordi più la sera attorno ai tavoli anche se ti sei bestemmiato addosso e avresti potuto ucciderti nel fumo e nel caldo asfissiante che sale da tutto quello che ti sta attorno.
Racconterò e descriverò quello che più conosco e che mi da ogni volta che lo vedo la tranquillità di sapere che ci sono ancora dei sognatori e dei folli che ogni mattino consapevolmente si mettono una divisa, entrano in una cucina e lì esplorano, creano, raccontano in un piatto il riassunto della loro vita. Dalle spezie dell’India, al pesce del Giappone, dalle foglie del Sud America, all’essenzialità del Nord Africa, dall’abbondanza europea, alle origini dell’Asia, assaggiare quello che esce dalle mani di un cuoco vuol dire assaggiare un uomo, una nazione, un viaggio che inizia e non finisce mai.