Sicily on the road. Da Cefalù ad Erice.

IMG_0526From Cefalu to Erice.
Traveling by car is a perfect way to enjoy the ride that means moving from a place to another. We should free ourselves from the false belief that a trip has to be perfect because also the drawbacks have to be experienced with the free spirit of the traveler: with time the memory will give the right meaning to all experiences. When we decided to visit Sicily by car we knew very well that we can not see everything: we were not always satisfied, but this is also traveling.
At Cefalu the old town is really a work of art with houses stacked on the small promontory that seem to push on each other, the Norman Cathedral, the sea and the sandy beach. But Cefalu has completely lost its charm due to tourism.
The city of Palermo is chaotic, devastated by traffic, however there are some visits required: Palatine Chapel in the Norman Palace, a sublime meeting between Eastern and Western culture and the Catacombs of the Capuchin monastery, an incredible cemetery of mummies perfectly preserved, a fascinating place that leaves you speechless.
The ancient village of Scopello has retained its charm and at sunset you can relax looking the colors of evening on the sea. The Zingaro Nature Reserve, just five kilometers from Scopello, is a protected oasis where, thanks to the obstinacy of the locals, nature is safe.
Erice is a medieval village located on top of a mountain with narrow streets that intersect with stairs and hidden passages: a walk of extraordinary interest softened by stops in many pastry shops where you can taste the legendary biscuits made of almonds, cedar and ricotta cheese. At sunset you can  make a stop in Castellammare del Golfo where tasting a plate of traditional stuffed tomatoes. Travelling involves all the senses… for us tasting typical local flavors is a way to get in touch with the culture of the place.

Viaggiare in auto è un modo unico per godersi il viaggio in senso letterale cioè lo spostamento da un luogo ad un altro. Questo consente di apprezzare anche gli spazi intermedi tra le mete prefissate e magari può diventare occasione per deviazioni impreviste ed inaspettatamente piacevoli. Oppure può anche mostrare luoghi e realtà poco gradevoli ed essere causa di ostacoli imprevisti di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Eppure dovremmo liberarci dalla fallace convinzione che un viaggio debba essere perfetto, con un tempo splendido, senza inconvenienti e nel pieno e soddisfacente rispetto di quanto programmato in partenza. Ammesso che si abbia, ovviamente, un po’ di tempo a disposizione, viaggiare può e dovrebbe essere una esperienza articolata da godere sia nella sua dimensione temporale che lungo lo spazio percorso e durante il quale anche gli inconvenienti vengano vissuti con lo spirito libero del viaggiatore… col tempo, poi, la memoria darà il giusto peso a tutte le esperienze vissute esaltando quelle belle e dando una chiave di lettura avventurosa a quelle spiacevoli.
Quando abbiamo deciso di visitare la Sicilia in auto sapevamo benissimo di non poter vedere tutto e così abbiamo scelto le nostre mete basandoci su quanto letto… non sempre siamo rimasti soddisfatti, ma anche questo è viaggiare.

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Una volta sbarcati a Messina ci siamo diretti a Cefalù affascinati dalle descrizioni di questo antico porto medievale di pescatori incastonato tra le falesie ed il mare. La nostra prima delusione. La città vecchia è davvero un’ opera d’arte con le case accatastate sul piccolo promontorio che sembrano spingere le une sulle altre e poi i vicoli lastricati, la cattedrale normanna, il mare e la spiaggia di sabbia fine. Eppure Cefalù ha perso completamente il suo fascino per trasformarsi in una stazione turistica dove buona parte della spiaggia è privata costringendo così i bagnanti a lottare per conquistare un fazzoletto di sabbia tra centinaia di lettini e sdraio, le stradine sono invase da negozi di souvenir che impediscono alla vista di godere della bellezza degli edifici storici, i venditori ambulanti ostacolano il passeggio sul lungomare e i cittadini del posto, ormai benestanti e sommersi di turisti durante tutto l’anno, offrono una qualità piuttosto scadente nei servizi di ristorazione e di alloggio. Peccato! Se fossimo nati una cinquantina di anni fa avremmo certamente visto un luogo unico e incantevole. Continua a leggere

Viaggio in pianura, il fascino della quotidianità.

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The amazing Po Valley.
Everyday beautiful views  are around us… we just must open our eyes!
We live in Po Valley that every season surprise us because it totally changes. You can admire endless water in fields for growing rice or amazing corn plantations.
When it’s time, tractors come out from farms and begin to plowing the land that is dark brown in opposite to the bright green of rice when it grows and comes out from the flooded fields.
Time passes but the landscape remains the same with the same rules and cycles and every time shows the miracle of nature.

Chi viaggia di frequente ed è costantemente proiettato verso la prossima meta rischia di non essere un buon osservatore nel quotidiano. Eppure nei percorsi che facciamo tutti i giorni si nascondono paesaggi, scorci e dettagli bellissimi…basta solo aprire gli occhi.
Noi siamo circondati dalla pianura padana che ad ogni stagione ci sorprende perché si trasforma del tutto, come la campagna in genere d’altronde.
Eppure qui il paesaggio ha qualcosa in più, qualcosa che in altre parti d’Italia non c’è: la possibilità di spingere lo sguardo verso l’infinito senza ostacoli. I paesaggi che si offrono ai nostri occhi sono come una tavolozza senza fine, come una panoramica digitale a 360 gradi. E lì, in fondo, come cornice ad una fotografia, nelle giornate limpide si vedono le Alpi innevate.

Nei vari periodi dell’anno che corrispondono ad un preciso momento nella coltivazione della terra, si possono ammirare sterminate distese d’acqua nei campi allagati per la crescita del riso, oppure immense piantagioni di granoturco che una volta tagliato lascia il posto alle balle disposte sul terreno come a formare misteriose composizioni artistiche. Quando è il momento di arare i trattori escono dalle cascine e iniziano a rimestare la terra che viene fuori di un marrone scuro intenso in contrasto con il verde brillante del riso quando, appena nato, sbuca dai campi allagati e poi, libero dall’acqua, continua a crescere fino al momento della raccolta. Il fascino del lavoro lento della terra che, stagione dopo stagione, si ripete sempre uguale a stesso con cicli precisi e regolari e che ogni volta ripropongono, a chi si sofferma a guardare,  il miracolo della natura. L’uomo plasma la terra e convive, sebbene non sempre felicemente, con le specie animali del posto, soprattutto volatili alcuni stanziali e altri presenti solo durante la nidificazione. Non è quindi raro vedere stagliarsi sullo sfondo di un paesaggio padano la sagoma di una garzetta bianca posata sull’argine tra due risaie o una cicogna in volo da un campo all’altro o ancora un falco pellegrino appollaiato su un albero ad ammirare il tramonto.

Ogni volta che ci fermiamo ad guardare uno di questi splendidi volatili in mezzo ad un paesaggio così ampio e ricco di fascino, ci viene in mente come doveva essere ai tempi delle mondine quando a tutto questo si aggiungeva, come un colonna sonora, il canto delle donne al lavoro. E nonostante fosse un lavoro durissimo, ancora oggi le nonne raccontano con nostalgia quei tempi quando, sebbene la povertà fosse realtà di tutti i giorni, gli uomini e le donne si sentivano parte di una grande famiglia sostenuta dalla ricchezza della terra che sempre e comunque, nonostante le guerre e le difficoltà, non faceva mai mancare sulla tavola un paiolo di polenta. Altri tempi, ricordi antichi… ma il paesaggio è rimasto lo stesso e forse, per non dimenticare, osservarlo ogni giorno consente di creare un ponte temporale tra passato e futuro, tra generazioni lontane, ma legate per sempre dalla terra che ogni anno a dispetto del futuro che avanza… si ripete sempre uguale a stesso con cicli precisi e regolari e che ogni volta ripropongono, a chi si sofferma a guardare,  il miracolo della natura.

People. Madrid 2008

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Lo fece uscire con una largas che piegò il toro sulle zampe, arrestandolo a mezza via in ginocchio verso tribune che sacramentarono con un rumore simile alle preghiere.Ora, il viso del matador pendeva un po’ a lato verso la spalla. Il corpo arcuato protendeva all’animale ogni possibile bersaglio.
Il matador mise la muleta sulla spada così vicino a me che udii la stoffa scivolare sulla lama e sospiri orgasmici di giovani donne vestite arancio, di pelle bianca.

Il Cuciniere. Pane nostrum Parte 1

e-spezzo-il-pane-11b7f711-1db4-45e9-a345-1098068f4785Bread… you can find it through the ages and millenniums. From Ethiopia, birthplace of grain, to the Old Testament, bread it’s mentioned in every monotheistic religions.
Symbol of life so in peace as in war, you have to break it with hands and never cut with knife, placed on the tables to the right side. If  bread falls to the ground you have to pick it up and kiss it as a sign of respect.

Prima della scrittura in un legame storico di fede distintore nell’antichità di barbari e uomini civili (Omero per indicare quest’ultimi li diceva come “quelli che mangiano il pane”) essenziale per conoscere un popolo poiché specchio di cultura e tradizioni, il pane attraversa le epoche ed i millenni. Partendo dall’Etiopia dove nacque il grano, trovato scritto nell’Antico Testamento che cita popoli del vicino Oriente e differenzia i pani lievitati da quelli senza lievito, trova spazi in tutte le religioni monoteistiche. Simbolo di vita terreno ed ultraterreno condiviso tanto nella pace quanto nella guerra la tradizione vuole sia spezzato con le mani e mai tagliato col coltello, posto sulle tavole a diritto e se caduto, raccolto e baciato in segno di rispetto. Secondo Ateneo di Naucrati ad Atene si producevano 72 tipi di pane. Oggi sono 1350 quelli di differente schiatta nel Mediterraneo. Un impasto semplice lega la storia dell’umanità in un modo che non prescinde la sua dimenticanza. Il pane sembra ricordare scrittori sempre antichi come Verga e l’eterno assillo dei suoi poveri nella loro primaria occupazione consumata senza companatico dove fatto a piccoli pezzi durava di più o al massimo accompagnato alle cipolle che come ricordava il rampollo dei Malavoglia “aiutano a mandar giù e costano poco”.

La Sicilia bagnata da tre mari, crocevia di popoli invasori guerre e benedizioni si presta a Santo Graal dove se va bene il pane è cunzato o finisce nella zuppa di compare Meno che in una delle Novelle rusticane dice “il pane come lo faceva la buonanima nessuno lo sa fare. Pareva di semola addirittura! E con una manata di finocchi selvatici vi preparava una minestra da leccarvene le dita.” Non si può parlare della cucina senza parlare del pane. Ho verso di lui una considerazione umana, una venerazione al limite del misticismo considerandolo non accompagnamento ma compagno, non cibo ma storia.